Carola Vai
Impossibile immaginare cosa avrebbe detto Rita Levi-Montalcini sul #Covid19. Avendo scrutato a lungo nella sua vita, posso supporre che avrebbe lavorato con maggiore intensità nelle sue ricerche scientifiche. Nel libro “Rita Levi-Montalcini, Una donna libera” (@Rubbettino editore) ho cercato di narrare tutta la sua vita e le caratteristiche che l’hanno portata al successo mondiale nella scienza fino diventare motivo d’immenso orgoglio per il nostro Paese. Pertanto, un film su Rita Levi-Montalcini è un’ottima idea. Aiuta a conoscere meglio colei che è diventata un’ancora a cui aggrapparsi per generazioni di ogni età e sesso.
Rita Levi-Montalcini è l’esempio di una donna decisa a non lasciarsi sconfiggere da pregiudizi e maschilismo. Attraverso studio, lavoro, tenacia, determinazione, ottimismo ha superato ostacoli ritenuti insormontabili dal mondo femminile. Secondo alcune rivelazioni, il film in arrivo su RaiUno ,il 26 novembre prossimo, narra soprattutto la vita della scienziata dopo la conquista del Premio Nobel avvenuta nel 1986. Nel mio libro ho invece cercato di ripercorrere tutta la sua esistenza durata ben 103 anni. Un lavoro basato su ricerche dal taglio giornalistico. Ho indagato sull’esperienza della scienziata con l’obiettivo di scoprire, almeno un poco, i segreti che l’hanno portata da Torino, sua città natale, fin sul podio della platea mondiale, star incontrastata all’età di cento anni. Una donna dall’apparenza fragile come un cristallo, in realtà resistente come un diamante. Scienziata, paladina dei diritti civili, mai paralizzata da idee preconcette, dogmi e paure. Alla continua caccia di nuove strade in qualsiasi settore: dalla scienza alla vita quotidiana. Per questa ragione ho voluto ripercorrere la sua lunga esistenza, pur consapevole di avere a che fare con un personaggio dalla “storia gigantesca e un’anima imprendibile” come ammetto nell’introduzione del libro. Del resto Rita Levi-Montalcini è la donna italiana più famosa al mondo dello scorso secolo. Un esempio di volontà , perseveranza, ottimismo e fiducia in se stessa, più che mai di aiuto in questo 2020 reso drammatico dalla pandemia, dalla crisi economica, dalla paura. E’, insomma, un personaggio moderno, con molto da insegnare a tutti.
E’ quanto ho cercato di sottolineare nel libro e, credo, si scoprirà dal film. L’ho potuto intuire, grazie la gentilezza del regista Alberto Negrin che mi ha consentito di assistere, in un giorno di dicembre 2019, a Roma, alla realizzazione di alcune scene con la bravissima Elena Sofia Ricci nei panni di Rita. L’attrice ha raccontato che interpretare la scienziata “è stata una sfida”, e che “ha provato un senso di inadeguatezza”. Sono sensazioni che ho vissuto anch’io nel realizzare la biografia. Anche perché più indagavo nella sua lunga vita, più mi rendevo conto che avevo a che fare con una donna capace con il suo esempio di parlare a generazioni di ogni età e sesso. Di che cosa? Innanzitutto della necessità di mai arrendersi; di lottare per quello in cui si crede; di non lasciarsi paralizzare dalle sconfitte, dai pareri negativi, dalla paura, dall’età. Inoltre ha più volte ribadito due convinzioni in lei ben radicate: pensare in grande e coltivare il concetto di ribellarsi. Rita lo ha dimostrato con l’esempio della sua vita. Il libro è basato su fatti individuati attraverso lunghe ricerche e collocati nello sfondo della storia del tempo: due guerre mondiali, le leggi razziali, l’esilio per lavoro negli Stati Uniti . Ma anche l’evolversi dei viaggi, della moda, della musica, della tecnologia.
La scienziata si definiva – un’artista prestata alla scienza . In realtà era anche un’abile combattente animata da una sfrenata curiosità verso l’ignoto. Ascoltava volentieri pareri e consigli, incassava con apparente indifferenza osservazioni negative, poi decideva secondo quello che meglio riteneva per realizzare i propri obiettivi. Nata nel 1909 a Torino in una famiglia ebrea colta e benestante – papà ingegnere elettronico, mamma pittrice, un fratello e due sorelle, di cui una gemella – fu incoraggiata fin da piccola a essere una “libera pensatrice”, e così fu sempre. Lei emise il suo primo strillo in un periodo senza sanità pubblica, ferie pagate ai lavoratori, voto politico consentito alle donne, pensione di anzianità; a 65 anni beneficiò di tutto ciò. Ma della pensione non era contenta. “E’ la morte delle persone. Andrebbe abolita”, disse senza ripensamenti. E lavorò fino a pochi mesi prima di morire, a 103 anni, il 30 dicembre 2012. Alla sua nascita, la televisione, gli aerei, internet non erano immaginabili. Quando ricevette l’estremo saluto prima al Senato che lei aveva frequentato come Senatrice a vita nominata dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, poi nel cimitero di Torino dove è stata sepolta nella tomba di famiglia, aveva più volte viaggiato in aereo in tutti i continenti, era stata spesso ospite nelle televisioni italiane e straniere, aveva utilizzato spesso internet .
Spesso mi viene chiesto se ciò che ha portato Rita Levi-Montalcini alla notorietà mondiale vale anche oggi. Direi di sì. Certo bisogna fare qualcosa di eccezionale, e Rita Levi-Montalcini ha scoperto il Fattore di crescita del sistema nervoso (l’NGF, Nerve Growth Factor) attualmente ancora al centro di molte attenzioni scientifiche. Ma poi bisogna saper comunicare. La scienziata, come i suoi due grandi amici e Premi Nobel, Salvador Luria e Renato Dulbecco che si erano laureati con lei nel 1936 a Torino, e come lei allievi del professor Giuseppe Levi, erano molto attenti alla comunicazione. Sapevano affascinare il pubblico . Soprattutto Rita , ancora unica donna italiana ad aver conquistato il Nobel per la medicina, si è presto convinta di dover curare ogni dettaglio, dalla professione all’immagine, per entrare nella memoria della gente di ogni età, sesso, linguaggio. Rita ha fatto la storia non solo delle donne italiane, bensì delle donne di tutti i continenti. Non si è mai sposata, ma non ha rinunciato ad amare, come ha più volte rivelato. Lavoratrice instancabile prima sui banchi di scuola, poi nelle sue ricerche scientifiche, ha ottenuto tutto: risultati, successo, notorietà mondiale. E’ caduta. Si è rialzata. Ha perso. Non si è arresa. E’ ripartita. Nemmeno la vittoria del Nobel e poi la nomina a Senatrice a vita le hanno assicurato tranquillità. Critiche, scandali, anche qualche insulto. Nulla ha però scalfito la sua tenacia. Nata in una ricca famiglia, ha trascorso l’infanzia e la giovinezza in enormi case eleganti, tra bambinaie, giardinieri, autista, ma quando è sbarcata negli Stati Uniti come prima abitazione ha scelto una camera talmente minuscola da contenere appena il letto e pochi oggetti, come lei stessa scrisse alla gemella Paola e alla mamma, rimaste in Italia. Una scelta fatta per risparmiare, non guadagnando in quel periodo uno stipendio che le consentisse enormi spese.
Una donna esile, eppure una “donna di ferro”. Dormiva poco, mangiava appena. Infatti pesava poco più di 40 chili. Le interessava solo il lavoro. Con una debolezza verso la moda, in particolare gli abiti di Roberto Capucci. Il primo lo sfoggiò a Stoccolma nel 1986, alla cerimonia del Nobel. Quanto ai soldi del premio, decise di dividerli tra la sinagoga di Roma e alcune borse di studio destinate a ragazze africane. Una donna cresciuta in un mondo dominato dagli uomini, eppure capace di conquistare un gran numero di premi e record, compreso quello di essere la prima figura femminile ammessa, nel 1974, alla Pontificia accademia delle scienze. Una donna con tanti pregi, ma anche qualche debolezza. Del resto la perfezione è impossibile. Dalle mie ricerche, come indico nel libro, il difetto principale è stata la totale concentrazione sui propri obiettivi ignorando spesso il mondo circostante. Sia negli anni difficili della seconda guerra mondiale che in quelli tranquilli della permanenza negli Stati Uniti. E persino verso la famiglia d’origine alla quale è stata sempre molto legata, ma più a parole che con i fatti; più attraverso lettere, regali, brevi visite, ma senza alcuna responsabilità e compito pratico lasciati alla gemella Paola, mentre il fratello, Gino, architetto, e la sorella maggiore, Anna, entrambi sposati e con figli, si occupavano delle proprie famiglie e delle proprie attività. La scienza era il mondo di Rita Levi-Montalcini con brevi parentesi verso amici e conoscenti sempre, comunque, del campo scientifico. Tuttavia sosteneva che senza aiutare il prossimo la vita non avrebbe senso. E in varie occasioni lo dimostrò con interventi personali.
Abituata fin da adolescente a soppesare le parole, la “principessa della scienza” come venne definita per il suo stile e la sua eleganza, benché senza eccessiva espansività riusciva a pronunciare le parole giuste nelle situazioni difficili. E intervenire, come testimoniano alcune scene del film che verrà trasmesso da RaiUno. Una donna controllata e imperturbabile , solo apparentemente fredda e indifferente. Verrebbe da dire che esprimeva un’affettuosità contenuta.
Del resto, fu attraverso una ferrea autodisciplina in gran parte assimilata negli anni dell’infanzia e dell’università, e praticata tutta la vita, che riuscì a raggiungere i suoi obiettivi e conquistare la scena mondiale. Nella situazione drammatica come quella che oggi sta frastornando i popoli di tutti i continenti, immagino che Rita Levi-Montalcini avrebbe lavorato più del solito nei suoi laboratori. Con una ferrea convinzione: mai arrendersi, appellarsi all’ottimismo perché il pessimismo non aiuta a raggiungere gli obiettivi.
Il libro “Rita Levi-Montalcini, Una donna libera” lo trovate in vendita nelle librerie. in assenza potete prenotarlo. Arriva in 2/3 giorni dal vostro libraio. In alternativa potete acquistarlo on line al seguente link https://www.store.rubbettinoeditore.it/rita-levi-montalcini…