Search

Dario Gedolaro

L’ex procuratore di Palermo, Giancarlo Caselli, in un articolo sul Corriere della Sera dal titolo: “Giustizia, i confini della critica”, sostiene che “una delle maggiori anomalie italiane è l’ostilità verso la giurisdizione”, quando ci sono imputati “celebri” e dice che “l’insofferenza ostile verso i magistrati è un fenomeno ricorrente e preoccupante”.

La Giustizia

Il magistrato – protagonista della controversa vicenda dell’inchiesta e del  processo Andreotti (conclusosi con un’assoluzione/prescrizione) – prende spunto dalle polemiche “riesplose violente con il processo a carico di Matteo Salvini, quando i Pm del Tribunale di Palermo hanno osato chiedere la sua condanna con una requisitoria dibattimentale puntualmente motivata in fatto e in diritto… con la sequela di personaggi illustri pronti a sostenere il ministro ad ogni costo, contro quei poco di buono dei giudici che si ostinano a essere indipendenti. Con l’incivile corredo di feroci insulti e minacce che stanno sommergendo i Pm e i loro familiari, mettendone a rischio la sicurezza. Preludio alla mobilitazione, con tanto di marcia sul Palagiustizia, di cui si parla per il giorno dell’arringa del difensore di Salvini. Di qui un interrogativo: siamo alle porte di uno sfondamento del confine tra critica e intimidazione e della sovversione delle regole fondamentali della giustizia?”.

Il punto di domanda – lo si capisce – è pleonastico per il magistrato torinese, di cui sono note le simpatie per la sinistra (lo si potrebbe definire, secondo un vecchio schema che non vuole essere offensivo, “catto-comunista”). Siccome prende spunto dal processo a Matteo Salvini, allora è bene fare qualche riflessione su questo evento.

Se, come sostiene Caselli, i pubblici ministeri non hanno voluto imbastire una sorta di processo politico alla Lega o all’attuale governo, allora la prima domanda che viene spontanea è perché sul banco degli imputati compaia il solo Salvini. Tutti i provvedimenti contro gli sbarchi di clandestini e, nel caso oggetto del processo,contro l’attracco della nave Open Arms (agosto 2019, ma non ci furono vittime e a donne, bambini e persone malate era stato consentito lo sbarco),vennero presi con il consenso del Consiglio dei Ministri (composto da esponenti della Lega e del Movimento 5 Stelle)e, in particolare, del Primo Ministro, Giuseppe Conte, attuale leader del M5S. Non solo, in varie dichiarazioni televisive, proprio l’allora ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Danilo Toninelli (M5S), rivendicava il ruolo avuto da lui e dal suo partito: “Salvini senza il sottoscritto non avrebbe potuto fare niente” (Accordi e Disaccordi sul Nove, il 12 aprile del 2019). “Se non c’era il sottoscritto la Lega non faceva niente” (Agorà, su Rai 3, in data 11 gennaio dello stesso anno). E ancora, 18 maggio 2019, a margine di un sopralluogo a Pavia: “Non Salvini, ma lui assieme al sottoscritto e a Conte abbiamo diminuito di una cifra enorme gli sbarchi”.

Dunque, la stretta agli sbarchi col Decreto Sicurezza bis può essere stata sbagliata, ma questo è un giudizio politico legittimo contro l’allora governo Conte e non dovrebbe tradursi in un processo penale contro il solo Salvini. Caselli può non avere torto a lamentare “l’incivile corredo di feroci insulti e minacce”, ma dovrebbe ammettere, per onestà intellettuale, che tutta l’architettura del processo dà per lo meno adito a dubbi sui suoi scopi. Se poi pensiamo a ciò che avviene nelle magistrature estere, c’è veramente da riconoscere che il processo a Salvini è un unicum europeo.

Le autorità politiche di Malta, Francia e Spagna, tanto per fare qualche esempio, sono estremamente rigide in quanto ad accoglienza dei migranti clandestini e non sono mancati casi di morti per questo rigore. Eppure nessuna di quelle magistrature ha finora portato sul banco degli imputati esponenti dei rispettivi governi.

Agitare poi lo spettro di “uno sfondamento del confine tra critica e intimidazione e della sovversione delle regole fondamentali della giustizia” non è corretto, se questa affermazione non è corredata da prove documentali certe (per usare una terminologia giudiziaria). Ed è anche rischioso, perché come ci ricorda la favola di Esopo “Al lupo! Al lupo!”, se si strilla troppo a vanvera, si finisce per non essere creduti, anche quando si dice la verità.

 

MARTA CARTABIA, NELLE LEGGI CI VUOLE EQUILIBRIO TRA STABILITA’ E ADEGUAMENTO AI TEMPI

Author: Pier Carlo Sommo

Torinese, Laureato in Giurisprudenza, Master in comunicazione pubblica e Giornalista professionista. Dal 1978 si occupa di comunicazione e informazione nella pubblica amministrazione. Ha iniziato la carriera professionale presso la Confindustria Piemonte. Dopo un periodo presso l'Ufficio Studi e Legislativo della Presidenza della Regione Piemonte nel 1986 è diventato Vice Capo di Gabinetto e Responsabile Relazioni Esterne della Provincia di Torino Dal 1999 al 2020 è stato Direttore delle Relazioni Esterne e Capo Ufficio Stampa dell'ASL Città di Torino. Autore di saggi, articoli e ricerche, ha pubblicato numerosi volumi e opuscoli dedicati alla comunicazione culturale - turistica del territorio. È docente in corsi e seminari sui problemi della comunicazione e informazione presso le società di formazione pubbliche e private . Professore a contratto di Comunicazione Pubblica presso l'Università di Torino e Università Cattolica. embro del Direttivo del Club di Comunicazione d'Impresa dell’Unione Industriale di Torino, dal 2005 al 2008 è stato Vice Presidente. Presidente del Comitato scientifico di OCIP Confindustria Piemonte Membro del Comitato Promotore dell' Associazione PA Social, È stato Segretario Generale Nazionale dell'Associazione Comunicazione Pubblica e Istituzionale dal 2013 al 2020.