Pier Carlo Sommo
L’elegante, ma severa, monocromia dei palazzi barocchi di Torino,è spezzata dalla solenne facciata affrescata a colori di Palazzo Scaglia di Verrua. In Via Stampatori 4, a pochi passi da via Garibaldi, nel cuore del Quadrilatero Romano troviamo un palazzo con una facciata che colpisce chi visita Torino. Il Palazzo non è molto conosciuto, ma ha un grande valore per la città perché è l’unico palazzo cinquecentesco non rimaneggiato in epoca barocca che mantiene l’aspetto rinascimentale originario. Insieme alla Cattedrale di S. Giovanni (del 1505) è una delle due uniche testimonianze architettura rinascimentale presenti in città. È l’ unico esempio di architettura civile di quel tempo a Torino e unico palazzo che abbia conservato gli affreschi seicenteschi all’esterno e nel cortile interno.
Il Palazzo Scaglia di Verrua è giunto fino a noi quasi intatto, nonostante le sue vicende storiche molto complesse. Gli altri palazzi coevi sono scomparsi nelle rapide trasformazioni dell’edilizia torinese nel ‘600 dovuta alla crescita della città conseguente alla elevazione a rango di Capitale del Ducato (1563) e alla presenza di ricchi possidenti che volevano ostentare il proprio benessere con modifiche e ampliamenti dei palazzi esistenti. Oltre a non essere stato rimaneggiato durante il Barocco, è stato danneggiato, ma non distrutto durante i bombardamenti del 1943.
Ma veniamo alla sua storia, il palazzo è all’interno di un isolato urbano che anticamente era detto “Isola Sant’Alessio”, fu realizzato tra il 1585 e il 1604 su commissione iniziale dell’abate Filiberto Scaglia di Verrua, ambasciatore e ministro. Divenne in seguito proprietà di Giacomo Solaro, Generale delle Finanze del Governo sabaudo, che operò ampliamenti e, nel 1603, commissionò gli affreschi della facciata e della corte interna.
La facciata esterna, unica nel suo genere a Torino, presenta un tema di affreschi a opera dell’artista bresciano Antonio Parentani (nato a Montichiari attorno al 1570), databili 1603. Il Parentani operò a Torino dal 1599 al 1628, come artista della corte sabauda e ricoprì il ruolo di «capo mastro de’ pittori». Durante il soggiorno torinese, ricevette commissioni di rilievo, tra le quali la decorazione della “Grande Galleria del Palazzo Ducale” che era manica di collegamento tra Palazzo Madama e Palazzo Reale. La galleria fu distrutta da un incendio nel 1659; successivamente ricostruita, fu definitivamente demolita nel 1801 durante l’occupazione francese.
Gli affreschi, caratteristica principale di Palazzo Scaglia di Verrua, presenti sia sulla facciata sia nel cortile interno con loggiato, costituiscono l’unico esempio superstite a Torino di decorazione del periodo tardo-manierista. Le multicolori raffigurazioni della facciata rappresentano blasoni, paesaggi, figure allegoriche, scene ispirate alle Metamorfosi di Ovidio e divinità classiche, temi ripresi anche nei fregi del cortile, riscoperti e ristrutturati nei restauri più recenti. Sul portone d’ingresso è ancora presente un grande stemma in stucco dei Conti Scaglia di Verrua.
Il palazzo tornò poi di proprietà della famiglia Scaglia di Verrua, antica casata originaria del biellese che fu, sino dal Duecento, tra le principali famiglie sabaude. Anna Felice Scaglia di Verrua, ultima discendente della famiglia (1735 – 1819) sposò il Conte Giuseppe San Martino della Motta, con lei il ramo che si estinse.
Tra gli abitanti più celebri del palazzo da ricordare la duchessa Jeanne Baptiste de Luynes (1670-1736) moglie del conte Ignazio Scaglia di Verrua, di nobile famiglia francese e nipote del Re Sole Luigi XIV, che attrasse l’interesse del duca Vittorio Amedeo II e ne diventò nel 1688 la più famosa e influente amante.
Nel XVIII secolo il palazzo fu acquistato dalla Conte Raimondo Balbo Bertone di Sambuy.
Nell’Ottocento, il palazzo fu sede di alcune rappresentanze diplomatiche di potenze straniere presso la corte sabauda. Prima ebbe sede la legazione spagnola, poi, a partire dal novembre 1861, accolse l’ambasciata dell’Impero Russo.
Oggi il palazzo, che è stato anche location di film, è di proprietà privata e ospita attività commerciali, uffici e residenze private. Non è visitabile all’interno, anche se un attento restauro conservativo ha mantenuto i soffitti a cassettoni e le volte originali.
È aperto a tutti nelle parti comuni, dove si possono apprezzare gli affreschi della facciata esterna e del cortile interno, che sono appunto le parti più interessanti per la loro unicità nel contesto cittadino.
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