Pier Carlo Sommo
Il valico del Piccolo San Bernardo (2188 m.s.l.m., Comune di La Thuile AO), posto nel cuore delle Alpi, tra la Savoia e la Val d’Aosta, è conosciuto fin dalla preistoria. Può essere una meta interessante per la presenza di importanti reperti archeologici, oltre alla bellezza naturale del luogo e le molte escursioni possibili.
Arrivando dalla SS 26 che collega la Valle d’Aosta all’Haute Tarentaise, proprio a cavallo della linea di confine Italia-Francia, incontriamo la preistoria. Troviamo infatti uno dei rari cerchi megalitici presenti in Italia, testimonianza di grande interesse storico e astronomico: un Cromlech analogo a quelli che si vedono in Bretagna. Chiamato anche il “Cerchio di Annibale” (è leggenda che il famoso condottiero sia passato qui) è costituito attualmente da 46 pietre allungate e appuntite, poste ad una distanza di 2 o 4 metri una dall’altra, disposte a formare vagamente una circonferenza di 80 metri di diametro. Evidentemente già in quei lontani tempi il valico era intensamente frequentato.
Successivamente i Salassi, abitanti originari della valle, avevano una rete viaria primitiva costituita da sentieri, ma solo dopo la conquista della valle da parte dei Romani, nel 25 a.C, sotto l’imperatore Augusto, i percorsi vennero sistemati ed attrezzati per consentire il passaggio carrozzabile di merci e uomini.
Il valico divenne così uno degli importanti collegamenti tra l’Impero Romano e la Gallia con il nome di Alpis Graia.
A testimonianza di quel periodo sul valico si possono visitare ancora oggi interessanti vestigia romane seguendo un percorso ben segnalato e commentato da cartelli illustrativi.
A poca distanza dal Cromlech, vi sono i resti di due stazioni di posta romane dette mansiones, una in territorio
italiano e una in quello francese. Le mansiones prevedevano una corte centrale su cui si affacciavano una serie di ambienti che garantivano accoglienza, ristoro e pernottamento ai viaggiatori e agli animali da trasporto, un autogrill ante litteram. La mansio orientale, quella in territorio italiano, presenta i resti di un fanum, un piccolo tempio di forma quadrangolare, di culto tipicamente gallico. Fu portata alla luce e restaurata alla fine negli anni ‘20 del Novecento.
Dopo l’ex Dogana francese, sulla destra, si ritrova l’altra mansio, forse un santuario dedicato al dio protettore dei soldati posto a protezione dell’Alpis Graia. Negli scavi degli anni 20’, insieme a placchette d’argento votive, fu ritrovato un busto in argento di Giove Dolicheno che oggi è uno dei tesori del museo archeologico di Aosta. La divinità governava il bello e il cattivo tempo (così mutevoli in alta quota), come anche la fertilità e le imprese militari.
Di fronte, sull’altro lato della strada, vi è una colonna di porfido grezzo alta 4 metri detta Columna Jovis, un tempo dedicata a Giove e sormontata da una sua statua, ora sostiene la statua di San Bernardo a protezione dei viaggiatori.
I resti testimoniano l’importanza del Colle in epoca Romana, posto sulla “Via delle Gallie”, che attraversava il territorio valdostano, partendo da Eporedia (Ivrea), arrivava poi ad Augusta Praetoria (Aosta), dove si biforcava per raggiungere i valichi del Summus Poeninus (Gran San Bernardo) e dell’ Alpis Graia (Piccolo San Bernardo). L’uso delle mansiones come sistema di accoglienza si interruppe con la caduta dell’impero romano e le invasioni dei Barbari.
Per completare la visita, in territorio francese (ma sono di proprietà italiana dell’Ordine Mauriziano) si possono vistare l’Antico Ospizio e il giardino botanico del Chanousia.
L’Ospizio, fondato nell’undicesimo secolo da San Bernardo, ripetutamente distrutto da guerre e incendi, fu sempre ricostruito. Abbandonato dopo la Seconda Guerra Mondiale a causa dei danni subiti, dal 1993 ne è iniziata la ricostruzione. Attualmente, oltre all’Ufficio Internazionale di Informazioni Turistiche, ospita il Museo sulla storia del Colle e della Savoia e un ristoro.
Il Giardino botanico alpino Chanousia deve il nome al suo ideatore, l’abate Pierre Chanoux, rettore dell’Ospizio dell’Ordine Mauriziano, che lo fondò nel 1897. Il giardino acquistò fama internazionale, ma nel 1940 venne abbandonato a causa della guerra. Grazie alla creazione di un’Associazione Internazionale, che oggi gestisce il giardino, i lavori di ricostruzione iniziarono nel 1976.La maggior fioritura del giardino si ha dalla fine di luglio a metà settembre. Attualmente sono in coltura circa 1.600 specie di piante alpine.