Dario Gedolaro
C’era una battuta che girava nei primi anni Venti quando il fascismo prese il potere grazie al voto degli italiani: “Almeno così i treni arriveranno in orario”. Era la manifestazione di un forte disagio per i disordini, le violenze, l’intolleranza e gli scioperi che avevano tormentato gli anni precedenti. Il Partito Socialista di allora aveva imboccato, sciaguratamente, una linea massimalista, dichiarando di voler instaurare in Italia, come era avvenuto nell’Unione Sovietica, la dittatura del proletariato. I suoi militanti avevano intrapreso azioni conseguenti, con scioperi, l’occupazione armata delle fabbriche, minacce e intimidazioni nelle campagne anche nei confronti dei piccoli proprietari e dei mezzadri. Mussolini aveva preso la palla al balzo ed aveva sfruttato quel disagio. Gli scontri fra socialisti e fascisti avevano provocato morti e feriti da entrambe le parti. Scurati nel suo libro “M” cita un episodio accaduto durante un dibattito parlamentare Poco prima di essere ucciso dalle squadre fasciste nel giugno del 1924, l’on Giacomo Matteotti, del Partito Socialista, fa un discorso per stigmatizzare le violenze delle camicie nere nelle campagne emiliane contro i contadini delle cooperative “rosse”. Un deputato del Partito Popolare gli risponde che condivide la condanna delle violenze, ma che avrebbe voluto sentire dall’On. Matteotti un’analoga condanna quando le violenze e i soprusi li avevano subiti, da parte dei “rossi”, agricoltori delle cooperative “bianche”, esponenti del Partito Popolare e del clero.