Dario Gedolaro
In questi giorni mi è capitano per le mani uno dei quei libri-strenna con carta patinata ed elegante veste tipografica, dal titolo: “Torino Metropoli d’ Europa”. Datato 1969, ospita, fra le altre, le firme di Guido Piovene, Carlo Casalegno, Marziano Bernardi, Mario Salvatorelli, Luigi Firpo, Leo Pestelli, Rinaldo De Benedetti. Vi si parla di una città “periferica in Italia e centrale in Europa”, che ha quindi necessità di avere collegamenti efficienti e rapporti stretti con l’ estero, di tutelare e favorire il proprio sviluppo industriale, di primeggiare in campo scientifico/universitario, senza trascurare la cura delle proprie bellezze architettoniche e naturali. Le conclusioni sono raccolte al fondo. Si afferma che la città presto “avrà cominciato a darsi un nuovo volto più razionale e armonico”, perché “ospiterà alla fine di questo secolo (cioè entro il 2000, ndr) 2 milioni e 100 mila abitanti”, ma non sarà una “pomposa Babilonia”, perché “già ora si intravedono i lineamenti di un nuovo ordine”.