Palatino
Si sta avvicinando una tornata elettorale, amministrativa ed europea. Tra pochissimo avverrà ancora uno dei riti politici in atto da tempo: il comizio alle porte degli stabilimenti di Fiat Mirafiori di uno o più esponenti politici, ovviamente della varie sinistre? Ormai è una prassi vuota che rasenta il ridicolo e dimostra la lontananza della classe politica dai problemi reali. Da anni, le porte dello stabilimento inutilizzate superano quelle aperte, gli operai dei turni sono pochissimi e in genere il politico di turno parla alla “porte” in senso materiale e non alle persone. I giornalisti partecipano con stanchezza e, i pochi operatori delle immagini presenti, se politicamente allineati, cercano di fare inquadrature che trasmettano immagini o filmati che testimonino una cospicua presenza inesistente.
Nel 2023 sono state prodotte da Fiat meno di 100mila autovetture, i lavoratori sono ormai poche migliaia e di questi circa 2300 sono in cassa integrazione per 7 settimane. A carico dello Stato Italiano perché la Fiat ha sede legale in Olanda e fiscale a Londra ormai da anni. A Mirafiori, in passato, lavoravano 60mila dipendenti che nel 1966 raggiunsero il record di produzione di un milione di automobili.
Bisogna realisticamente prendere atto di un abbandono ormai irreversibile. Dall’unione con la Chrysler fino alla amalgama con i francesi e conseguente nascita di Stellantis, tutti i problemi di programmi e investimenti sono stati sempre in perdita per Fiat, Alfa, Lancia e Maserati, cioè il ramo d’azienda italiano.
Le parole dell’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares, ovviamente francese (di origine portoghese), lasciano poche speranze. La produzione di vetture sarà ridotta in Italia e Mirafiori sarà la prima sacrificata. Se in quella fabbrica rimarrà qualcosa sarà, sono dichiarazioni dell’azienda, un luogo dove le macchine, usate e fine vita, verranno smontate per recuperare pezzi di ricambio, insomma uno stabilimento di sfasciacarrozze in grande stile.
Le auto saranno costruite in Paesi dove i costi di produzione sono inferiori, prima era il tempo dell’Est Europa, adesso Nord Africa, Marocco e Algeria.
Ma Torino e il Piemonte non sono solo Fiat. All’ indotto il messaggio di Stellantis è stato dato un “si salvi chi può”, ovverosia cercatevi clienti all’ estero o spostate lì la produzione. Forse un annuncio di abbandono nave più tempestivo di quello di Schettino, ma ugualmente drammatico.
Poche storie, a Torino la Fiat non c’è quasi più. I grandi giornali tergiversano sul problema, ma si sa di chi sono… I politici vogliono ignorare, anche per evitare di fare i conti con le loro colpe. Ebbene si, nelle trattative si sono sempre fatti fregare, e per alcuni non si sa se sempre in modo innocente.
Torino deve immaginarsi diversa, siamo davanti a un evento quasi pari alla perdita della capitale nel 1864. Fu un evento epico e drammatico per una città che era stata creata quasi dal nulla per essere capitale. Però la differenza da allora è che vi era una classe politica di grande valore e industriali di geniale capacità. Oggi chi abbiamo?
Tutta Torino deve risvegliarsi, forse non si rendono conto che il mitico Corso Marconi 10, da cui quasi tutta la città attendeva il verbo, è dal 1997 per metà un residence e per metà sede di uffici vari, il futuro è ormai altrove ed ancora quasi tutto da inventare,