Pier Carlo Sommo
Torino potrebbe essere considerata la città delle gallerie storiche. Infatti ne possiede tre con circa un secolo di vita: la Subalpina, la più elegante, la San Federico, la più grande, la Umberto I, la più commerciale. Nascono da una filosofia parigina diventata di moda nella seconda metà dell’800, chiamate “passages”, e ispirate ai bazars dei paesi orientali, dove sono antica tradizione le strade mercantili coperte. Le “gallerie” si inserirono nel tessuto cittadino di Torino molto bene perché la città era già percorsa da lunghi e ariosi portici, luoghi di passeggio e commercio.
Il primo esempio torinese di queste opere, la Galleria Natta, oggi scomparsa, nacque nel 1858. Sorgeva nell’isolato di San Federico a fianco di piazza San Carlo e venne sostituita nel 1933, nell’ambito della grande ricostruzione di Via Roma, dalla attuale grande ed elegante Galleria San Federico. Invece la Galleria Umberto I, inaugurata nel 1890 , collega via Milano (strada che passa davanti allo storico Palazzo del Municipio), con piazza della Repubblica, ed ha un indirizzo prevalentemente commerciale.
Elegante salotto è invece la “Galleria dell’Industria Subalpina” , nome legato alla Banca dell’Industria Subalpina che si occupò di finanziarne le spese di costruzione. Immediatamente chiamata dai torinesi Galleria Subalpina, essa unisce piazza Castello a piazza Carlo Alberto. Inaugurata nel 1874, nasceva dall’esigenza di collegare due zone centrali, l’una commerciale, piazza Castello, e l’altra amministrativa, perché la sede delle Poste Centrali era in quello che oggi si chiama palazzo Campana, la sua realizzazione sostituiva un precedente collegamento, che era un vicoletto stretto e tortuoso.
Il comune scelse il progetto dell’ ing. Pietro Carrera (1835-1887) che, sul sito dove vi era stato il Ministero delle Finanze, realizzò una struttura ben più prestigiosa di un semplice passaggio coperto. La Subalpina è caratterizzata da un ampio e luminoso salone lungo cinquanta metri, largo quattordici, arricchito da un ricco apparato decorativo eclettico che fonde elementi in stile rinascimentale e barocco, opera dello scultore torinese Edoardo Rubino (1871 -1954). L’altezza di circa diciotto metri è interrotta da una balconata che percorre tutto il perimetro. La volta è realizzata in vetro e ferro battuto, con elementi strutturali riccamente decorati. L’eleganza e la grandiosità delle dimensioni la resero immediatamente adatta a luogo di incontro e emporio commerciale di eccellenza, tutti i locali furono resi accessibili dall’interno della galleria e si studiarono decorazione e illuminazioni adatte a quell’uso.
Fin dall’apertura attirò il commercio specializzato, trasferito o nato in loco. La confetteria Baratti & Milano traslocò da via Garibaldi, ed è tuttora esistente, luogo classico dell’ identità torinese. Vi era il Caffè Concerto Romano, oggi esistente come cinema Nuovo Romano, una libreria antiquaria, una galleria d’arte, un negozio di arredi e un paio di ristoranti.
Il bombardamento dell’8 agosto 1943 colpì pesantemente gli edifici compresi tra via Cesare Battisti, via Carlo Alberto e via Accademia delle Scienze, coinvolgendo il lato est della Galleria Subalpina. Nel dopoguerra la galleria è stata ricostruita fedelmente sui disegni originali. In tempi più recenti l’area centrale è stata e occupata da una grande aiuola verde, prevista nel progetto iniziale dell’ing. Carrera e mai attuata.
Un’attenzione merita il cinema detto oggi Nuovo Romano. Nel salone dal 1898 vi era un locale di intrattenimento, un Caffè Concerto frequentato anche dallo scrittore Edmondo De Amicis, nel 1905 divenne cinematografo Lumière. La sala nel 1907 cambiò nome e divenne Cinema Romano, chiuso per ammodernamenti, riaprì nel 1916 come teatro-varietà. Il bombardamento dell’agosto 1943 causò gravi danni e la sala rimase chiusa fino al 1946. Nel 1958 vi fu ancora una radicale ristrutturazione. Il Nuovo Romano è oggi la sala cinematografica più antica di Torino. La Galleria Subalpina è stata anche set cinematografico, sono state girate alcune scene dei film “Quattro mosche di velluto grigio” di Dario Argento, “Un colpo all’italiana” di Peter Collinson e “La donna della domenica” di Luigi Comencini.
Di grande rilievo anche il Caffè Baratti & Milano locale storico tra i più antichi e prestigiosi di Torino. Il locale, come appare attualmente, è frutto del rifacimento a seguito dell’ampliamento del 1909, realizzato su progetto di Giulio Casanova e Pietro Fenoglio, con la collaborazione dello scultore Edoardo Rubino, per quanto riguarda gli interni. Il risultato è un elegante ambiente arricchito da un ampio uso di specchi, marmi, bronzi, dorature stucchi e mosaici che conferiscono al caffè un ricco e particolare profilo architettonico e artistico. È stato protagonista di varie citazioni in ambito letterario, nonché ambientazione di riprese cinematografiche.
Ancora oggi sono presenti una serie di esercizi commerciali di pregio. Lo stile ottocentesco di questa galleria le dona un’atmosfera sontuosa, d’altri tempi, soprattutto grazie alla influenza estetica dell’arte del rinascimento e della scultura barocca. La galleria ha mantenuto la sua eleganza e appare più sfavillante che mai, anche grazie ad un attento restauro nel 2023. Il complesso oggi appartiene ad un fondo statunitense che ha rilevato tutti i beni immobiliari della precedente proprietà, ma il Comune di Torino, per preservare l’atmosfera storica, oltre a quella estetica, ha stabilito precise limitazioni per evitare l’ingresso in Galleria delle grandi catene commerciali, purtroppo ormai le uniche che si possono permettere nelle grandi città affitti troppo gravosi.