Carola Vai
Ritornare in aereo dopo quattro mesi di lockdown causa #coronavirus crea un senso di libertà. E’ quello che ho provato prendendo il volo Alitalia Torino-Roma delle ore 15.15, il 24 giugno scorso. Sentimento durato pochi minuti, sconfitto dal constatare allo scalo di Caselle prima, durante il volo poi, e infine all’arrivo a Fiumicino, gli effetti devastanti del Covid-19. Aeroporti e aerei non sono più come li ricordavamo prima della pandemia. La paura del virus, mescolata ai timori del terrorismo, ha definitivamente ucciso collaudate conquiste. Inoltre la bramosia di vari approfittatori (governi, compagnie aeree, soggetti singoli) sta contribuendo a rendere i viaggi in aereo faticosi. Conclusione: chi può utilizza altri mezzi per muoversi.
Idea che è venuta pure a me dopo il volo Alitalia Torino-Roma del 24 giugno. Eppure da appassionata viaggiatrice che ha avuto la fortuna di atterrare in tutti i continenti, apprezzo molto muovermi in aereo. Tuttavia, in nome della “sicurezza” non si possono trattare i viaggiatori come inanimati burattini che accettano imposizioni di ogni tipo.
Ma torno al mio primo volo post lockdown. Superato, all’entrata dell’aeroporto torinese, il riconoscimento della febbre che deve essere limitata a 37,5 gradi, sono rimasta impressionata dalla scarsità di viaggiatori, dalla chiusura dell’80 per cento dei varchi controllo biglietti, e di negozi e servizi vari. Rare indicazioni di partenze e arrivi sui cartelloni elettronici appesi qua e là. Eppure lo scalo Sandro Pertini di Caselle fino allo scorso mese di febbraio era frequentato ogni settimana da 19 compagnie aeree di linea e contava 400 voli con 37 destinazioni differenti. Un movimento che sfiorava annualmente 4 milioni di passeggeri. Situazione che solo con tenace ottimismo si può sperare di riavere. Al momento domina la
paura del contagio del virus. Dunque, mascherina da quando si entra in un aeroporto, a quando si esce, e tutti in fila ordinati mantenendo il distanziamento indicato da opposite strisce colorate. Mascherina anche per tutta la durata del viaggio in aereo. La scarsità di traffico ha indotto l’aeroporto torinese a tenere aperti solo uno o due “varchi controllo persone” . Risultato? In prossimità dell’orario di partenza dei rari voli si formano code con attese lunghe ben più di quando il traffico era vivace. Superata la barriera si scopre un settore del tutto privo dell’abituale frenesia dovuta alla presenza della vendita di profumi, liquori, abbigliamento , golosità culinarie, gioielli, libri, giornali. E tanto altro. L’assenza di clientela ancora spaventata dal coronavirus, ha convinto vari gestori a mantenere chiusi gran parte delle strutture. Tanto più che i pochi viaggiatori si muovono in modo guardingo. Quasi nessuno manifesta interesse per improvvisati acquisti.
Tornando al mio volo, con l’avvicinarsi della partenza una voce anonima dai microfoni ha avvisato che l’imbarco sull’aereo previsto alle ore 15.15 sarebbe iniziato alle 14.30. Abolite le file “priority”. Viaggiatori tutti con gli stessi diritti. Dunque, come al solito, ma questa volta in modo rigoroso, precedenza a coloro che hanno gli ultimi posti sull’aereo; poi quelli a metà e infine chi ha posti dalla fila uno alla fila dieci. Prima di conquistare dopo ore di attesa l’agognata e stretta poltroncina, bisogna compilare obbligatoriamente un’autocertificazione su un foglio prestampato e distribuito al momento dell’apertura dell’imbarco da un addetto della compagnia aerea. Al passeggero, oltre le proprie generalità , si chiede di specificare di non avere sintomi influenzali, di non aver frequentato negli ultimi giorni persone affette da patologia Covid-19 e tanto altro. Il foglio viene ritirato da un addetto della compagnia nel momento del controllo del biglietto. Analogo modello di autocertificazione è diventato obbligatorio per legge da venerdì 26 giugno per tutti coloro che saliranno su un aereo. Tra l’altro nel documento il passeggero deve impegnarsi a “comunicare, al fine della tracciabilità dei contatti, al vettore e alla Autorità sanitaria territoriale competente, l’insorgenza di sintomatologia Covid-19 comparsa entro 8 giorni dallo sbarco dall’aeromobile”. Ma ben pochi passeggeri del mio volo, Az745596, sapevano di tale certificazione che hanno scoperto poco prima di imbarcarsi e l’hanno rilasciata senza obiezioni. Meno consenzienti coloro che, ignari di una norma contenuta nel Dpcm (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) pubblicato l’11 giugno scorso in Gazzetta Ufficiale contenente il divieto di imbarco del trolley in cabina, si sono visti ritirare il bagaglio a mano, spedito poi in stiva. Un po’ per sveltire l’imbarco e un po’ forse per evitare troppe proteste, molti trolley sono ugualmente finiti nelle cappelliere. Opportunità diventata impossibile dal 26 giugno perché la norma è diventata intransigente. La proibizione, comunque, non vale per tutti gli aerei. l’Enac (Ente nazionale dell’aviazione civile) ha infatti precisato che “il divieto di utilizzo delle cappelliere è limitato ai voli dove non viene fatto il distanziamento sociale a bordo; viceversa, l’utilizzo delle medesime è consentito sui voli dove viene attuato tale distanziamento”.
Pertanto tutti i voli nazionali e internazionali in arrivo o in partenza dall’Italia devono dire stop ai bagagli a mano
nelle cappelliere se non prevedono il distanziamento, come ha comunicato l’Enac in una lettera inviata alla Iata (la principale associazione internazionale dei vettori). Le cappelliere non potranno in alcun modo essere utilizzate per impedire assembramenti. Si possono portare in cabina solo borse o zainetti in grado di essere posizionati sotto il sedile davanti al posto assegnato Stessa sorte per i viaggiatori dei voli intercontinentali : dovranno mandare i trolley in stiva. Tale norma se sarà mantenuta in inverno costringerà i passeggeri a indossare o tenere sulle ginocchia cappotti, giacconi, piumini.
Viene da chiedersi se l’imposizione finirà per influenzare i costi dei biglietti con l’aggiunta di balzelli fantasiosi. Le associazioni dei consumatori oltre vigilare sui possibili abusi, invitano a segnalare aumenti ingiustificati del prezzo dei biglietti con voci aggiuntive riguardanti i bagagli.
Il mio volo occupato fin quasi a esaurimento posti ha visto applicata a caso la nuova regola. Alla fine, concluso l’imbarco, con i passeggeri ormai tutti seduti e molti trolley nelle cappelliere, è arrivato un avviso perentorio: alzarsi solo in caso di assoluta necessità, nessun servizio a bordo, disponibile su richiesta una bottiglietta di acqua minerale, se necessario. Atterrati a Fiumicino alle ore 16,30, l’uscita dall’aereo dei passeggeri è stata regolamentata con il distanziamento fisico. L’impatto con lo scalo romano è stato ancora più devastante di quello torinese. Anche se l’ala dei voli nazionali era affollata di italiani in spostamento tra nord e sud, la chiusura di negozi, bar e ristoranti crea un aspetto desolante. Pressoché deserta l’area dei voli internazionali, con quasi tutti i punti commerciali e locali pubblici chiusi. Raggiunto il ritiro bagaglio dopo aver percorso oltre due chilometri di corridoi vari, anche gli spazi dedicati all’uscita dall’aeroporto sono apparsi vuoti e silenziosi. Lunga coda di taxi in attesa, quasi nessun passeggero . Un leggero aumento del traffico, soprattutto a livello nazionale, è previsto a luglio. Ad esempio il volo Alitalia Trieste-Fiumicino potrebbe essere ripristinato il 10 o al massimo il 15 luglio.
L’intesa, legata all’abbassamento delle tariffe praticate da Trieste Airport alla compagnia aerea, sarebbe in fase di conclusione o addirittura raggiunta. Mancherebbe solo la sottoscrizione ufficiale dell’accordo. Resta il fatto che viaggiare in aereo è diventato molto faticoso. E alla fatica bisogna aggiungere i tempi allungati per le operazioni di imbarco. Se poi si considera che bisogna aggiungere quelli per raggiungere l’aeroporto, è comprensibile il desiderio di forme di spostamento meno complicate.